31 – Seconda Parte

Posted by admin | Brodo | sabato 23 Dicembre 2006 19:00

Ovviamente al Concorso del 1985 dovevo partecipare
con qualcosa di mainstream. E abbandonare qualsiasi velleità religo-fetish.

Faccio la follia e mi iscrivo.
Do l’annuncio a mia madre che con pragmatismo nordestino mi fa notare
che no, “noi non abbiamo nessuna statuina, devi comprarle”.
Eccola lì.
Appena uscita dal PCI e appena entrata nel consumismo.
Povera donna a una dimensione.
Leggiti Guy Debord, sfigata.
“Comprare” è da sempre nella lista delle mie parole proibite.

Mi chiudo in camera a sessioni di tre, quattro ore pomeridiane.
Meditazione.

Ogni tanto facevo una capatina da mia nonna.

Nella speranza che mi portasse a fare merenda dalla Zia MariaLuisa.
Per testare la concorrenza.
La Zia MariaLuisa era una delle principali candidate alla vittoria dopo tre concorsi di fila dove sbancò la concorrenza con presepi semoventi.
Aveva addirittura la stella cometa che con un movimento elastico scendeva verso la capanna.
Avevo persino un girotondo meccanizzato di pecorelle.
Lei non usava lo specchio dei trucchi per fare lo stagno.
No.
Lei lo stagno ce l’aveva sul serio. E l’acqua puzzava pure.
Ma il colpo di classe era il volto di Maria: le battevano le ciglia.

Questi erano i competitor.
E qualsiasi manuale di marketing ti farebbe notare che non è una buona cosa entrare in un mercato saturo senza un’idea originale.

Ma io l’idea ce l’avevo.

In quei giorni mia madre mi vedeva solo per i pranzi e le cene.
Il resto era solo scuola e camera mia.
Dovevo finire in tempo.
Il 21 era giorno di commissione.
I ragazzi dell’ACR giravano per la case dei candidati a valutare il presepe.
Ansia.
Ero in ritardo.
Con una forzatura sindacale riesco a strappare a mia madre un turno di lavoro serale per il mio progetto.

La sera del 20 il presepe è pronto.
E’ piccolo. Modesto. Terribilmente giallognolo.
Ma sine dubio un capolavoro.
A mia madre luccicano gli occhi.
E’ stronza, sì. Ma sa riconoscere il genio.

La mattina del 20 sono in trepida attesa.
Ultimi ritocchi.

Suonano alla porta. 5 ragazzi malvestiti con a capo Morena.
E’ la figlia della mia vicina di casa ed è la presidenta della commissione giudicatrice.
E’ fatta.

Il presepe lo nascondo sotto un velo di stoffa blu.
Pronto a scoprirlo.
Offro un bicchiere di vino ai membri.
Morena mi fa qualche domanda su Dio e la religione.

“Contano le risposte che dai eh! Più rispondi bene più si alza il punteggio”

Sleali.
Ma me la cavo assemblando un paio di citazioni religiose di terza, quarta mano.

“Vediamo sto presepe”
Morena è impaziente.
Io non sto più nella pelle.

Scopro il velo.
Sarà sicuramente un “ohhhhhhhh è meraviglioso”

No.
Non è così.
Silenzio.
Morena sorride.
Due idioti dietro di lei ridono.
Io sono sull’orlo di uno dei miei primissimi esaurimenti nervosi.

“Scusa…”
“Eh…” Mi esce solo un “eh”, una sillaba in più e sarebbero state lacrime.
…ma sono Lego quelli?
“Sì” – sono sull’orlo, sto per piangere – “è interamente fatto con i Lego”
Piango. A dirotto.
Morena e il corteo di stronzi se ne vanno.

Mia madre mi consola.
Ma non abbastanza.

Il 6 gennaio c’è la premiazione.
In chiesa.
Non ho il coraggio di andare.
Umiliato e offeso.
Se ne occupa mia madre.
Torna a casa con un diploma.

Mi sono classificato trentunesimo.

“Ma’…in quanti eravamo?”
“31”

Vorrei che il post lo accompagnasse White Christmas cantata da Karina di Uomini e Donne

31 – Prima Parte

Posted by admin | Brodo | giovedì 21 Dicembre 2006 20:38

E’ tutto un magna magna.
A tutti i livelli.
Clero in primis, ovviamente.

Non sono mai stato attivo all’interno della comunità religiosa.
Anzi.
Provenendo da una famiglia laica e anticlericale
me ne sono sempre sbattuto allegramente.

Tanto che a 31 anni se mi chiedono se credo in Dio
rispondo di rivolgersi al mio ufficio stampa.
Trattano loro coi poteri forti.

Da piccolo però, ero comunque inserito in una meccanica di rituali blandi all’interno della comunità religiosa paesana.
Rituali di socializzazione più che rituali religiosi.
Mia madre insisteva per mandarmi ai campi-scuola dei preti.
Ma era solo un modo per spedire fuori dai coglioni un bimbo logorroico.
Idem la dottrina il pomeriggio.
Idem alle feste dell’oratorio, che da noi, non so perché, si chiamava “Patronato”.

Ma del buon Dio mi fregava poco.
In compenso ero un gran cultore dei Santi.
Come il bambino di Millions.
Avevo un feeling particolare con Don Bosco: indole macho-marxista.
Non certo come quella mezza checca di San Sebastiano.

Era l’8 dicembre del 1985.
Entro in chiesa.
Con l’unico obiettivo di rimirare Paola, una mia compagna di classe.
Che quel giorno debuttava nel coro.
Una per la quale ero pronto a fare follie.
Forse anche a regalare a un bambino povero Buzz-Off, il mio Masters preferito.

buzz-off.jpg

Quel giorno indossavo una tuta da ginnastica della Best Company.
Mi vestiva mia madre, colpa sua.

Paola era già splendida dietro l’altare. Riuscivo a scorgerla dal fondo della navata.
Mi sto avvicinando.
No.
C’è qualcosa che mi ha distratto.
Effetto “Gatto di Matrix”.
Riavvolgo i miei passi. E infatti.
Sul muro accanto al battistero c’è un manifesto.
“Concorso Presepi Natale 1985”

IO DEVO PARTECIPARE.

Il presepe è il mio Must di Natale.
Io e il presepe viviamo un’empatia unica.
In uno degli ultimi che ho fatto ho usato al posto del bambin gesù, l’alieno di X-Files.
L’ho sagomato e incollato sul cartone rigido.
Ero nella mia fase religiosa denominata: “Vivienne Westwood“.

Altre volte ho affidato la parte di San Giuseppe, di solito dipinto come mezz’uomo pallido ed emaciato, a He-Man e al suo muscolo steroideo.
Per raffigurare la Madonna ho utilizzato la fotocopia a colori della copertina di True Blue.

Ovviamente al Concorso del 1985 dovevo partecipare
con qualcosa di mainstream. E abbandonare qualsiasi velleità religo-fetish.

….continua

Fa da sfondo: una melodia qualsiasi di Max Pezzali

Safari

Posted by admin | Brodo | martedì 19 Dicembre 2006 11:36

A Trieste, ieri sembrava che i rifiuti di strada
avessero visto in massa American Beauty.

Free press, volantini, pacchetti di sigarette
giravano vorticosamente nell’aria.

Vento. Tanto vento.

Un tappeto di ombrelli distrutti.
E’ la cosa che più mi sconvolse anni fa quando approdai a Trieste.
Vedere che durante la Bora i cestini della città erano pieni di ombrelli sfasciati dal vento.
Ora gli ombrelli sono molti di più.
Colpa dei cinesi.
Tutti comprano da loro.
Ma gli ombrelli che fanno a Hong Kong
non funzionano all’incrocio tra via Mazzini e Piazza Goldoni.

Cerco rifugio in ufficio.
E’ ufficiale: sono triste.
Aspetto un sms.
Ma non arriva. La diva. Allora prendo la decisione. Faccio le scale fino alla porta.
Che è aperta
.
No, scusate questo è Carboni. Ogni tanto mi scappa.

Dicevo, aspetto un sms.
Brutta storia gli sms. Fondati su un complesso nevrotico.
Depositi aspettative sulla risposta altrui.
Ansia se non arriva.
Allora avvicini il cellulare, lo stringi per non perdere nemmeno un attimo quando vibrerà.
Ma non vibrerà. E lo sai.
Deleghi la tua eventuale gioia a una risposta altrui.
Non va bene. Ma è così.

Un pop-up mi segnala l’arrivo di una mail.
E’ di uno come me.
Uno della old school della new economy triestina.
Mi invita a bere il caffé.
“Io metto il caffé, tu metti le sigarette”.
Non sa che ho cominciato a fumare tabacco.
Allora per non sfigurare vado a comprare un pacchetto da 10.
Userò questa scusa: “è l’unico modo per tenere sotto controllo il mio livello di nicotina”.

Dopo il caffé.
Decidiamo di fare due passi.
Se hai il vento a favore è una corsa.
Se hai il vento contro è slow motion.

“Andiamo a vedere il cammello?”
“Cosa?”
“Sì, c’è il presepe vivente e c’è pure un cammello”
Fico.
Devo assolutamente vedere il cammello.
Sento un desiderio irrefrenabile di qualcosa di esotico.

Entro nella scenografia del presepe vivente di Piazza Sant’Antonio.
Me la tiro e non saluto le pecorelle. Nemmeno San Giuseppe.
Punto dritto al cammello.
E’ meraviglioso.
In quanto socio LAV dovrei protestare.
Ma il cammello mi incanta.
E’ silenzioso. Immobile.
Ti guarda con sufficienza.

“Cosa mi frega di te. La mia testa è nelle lande del Sudan.”

Ha lo sguardo identico al mio.
Triste ma col sorriso sardonico.
La mia espressione tipica.

Passo il resto della giornata a pensare al cammello.
Credo di aver bisogno di un nuovo amico.
Per un attimo il cammello mi fa dimenticare che sto aspettando un sms.

Ceno a base di verdura, frutta e proteine naturali.
E abbondante acqua. In suo onore.
Provo a ruminare. Ma mi riesce male.

Stamattina mi sveglio. Presto. Molto presto.
Scopro che l’sms non è arrivato.

Credo di avere bisogno del mio Sudan.
Mi vesto in fretta. L’ufficio mi aspetta alle nove.
Sono le 7 e 30.

Il fantasma di mio padre sarebbe già in ufficio a prendersi avanti col lavoro.
Io invece punto dritto a Piazza Sant’Antonio.
Il Presepe Vivente non è ancora aperto.
Mi bevo un caffé.
Leggo il giornale.
Ma sono distratto.
E nervoso.
Devo vedere il cammello.

Scruto lo stalliere che conduce una carriola con la paglia.
Lo seguo.
Entro con lui.
Il Presepe Vivente è ufficialmente aperto.

E lui è lì. Identico a ieri. Stessa espressione.
Da lontano voci di bambini in avvicinamento.
Mi piazzo di fronte al volto.
Il cartello “Non fotografare” mi rassicura.
Il cammello non vuole forme di divismo. E’ modesto.

Chino il capo al suo ritmo.
Provo a fargli un’espressione divertita. Non reagisce.
Ha capito che mi stavo sforzando.
“Cazzo ridi? Non c’è niente da sorridere”, sembra dire.
E ha ragione.

Mi affianca un bimbo. Dietro, la sua sorellina. Dietro la sorellina, la madre.
Lo guardo.
Il bimbo risponde al mio sguardo.

I bambini non sono cattivi. I bambini sono solo sinceri.
Siamo noi pseudo-grandi che scambiamo sincerità per cattiveria.

“Mamma mamma ma perchè è così triste?”
Io mi giro.
Lo guardo.
Colgo la palla al balzo.
“Ho avuto due giornate emotivamente pesanti, davvero molto pesanti”.
Silenzio.
La madre incrocia il mio sguardo mesto: “Veramente stava parlando del cammello…”
“Ah, mi scusi”.
Me ne torno in ufficio.
Dando appuntamento al cammello in pausa pranzo.
Mi aspetta.

I Frankie Goes To Hollywood irrompono nell’ambiente

La cicala muore di overdose

Posted by admin | Brodo | lunedì 18 Dicembre 2006 10:54

Ricevuto nella cassetta delle lettere.
Oderzo, ieri mattina.

Favola di Natale.

La formica lavora tutta la calda estate; si costruisce la casa ed accantona le provviste per l’inverno.

La cicala pensa che con quel bel tempo la formica sia stupida; ride, danza, canta e gioca tutta l’estate.

Poi giunge l’inverno e la formica riposa la caldo ritirandosi con le provviste accumulate.

La cicala tremante dal freddo organizza una conferenza stampa e pone la questione del perchè la formica abbia il diritto di essere al caldo e ben nutrita mentre altri meno fortunati muoiano di fame e di freddo.
La televisione organizza delle trasmissioni in diretta che mostrano la cicala tremante, nonché spezzoni della formica al caldo.

I telespettatori sono colpiti dal fatto che in un paese così ricco si lasci soffrire la povera cicala mentre altri vivono nell’abbondanza.

I sindacati manifestano davanti alla casa della formica in solidarietà della cicala mentre i giornalisti organizzano delle interviste domandando perchè la formica sia divenuta così ricca sulle spalle della cicala e interpellano il Governo perchè aumenti le tasse sulla formica affinché essa paghi la giusta parte.

In linea con i sondaggi il Governo redige una legge per l’eguaglianza economica e una (retroattiva all’estate precedente) anti-discriminatoria.

Le tasse sono aumentate e la formica riceve una multa per non aver occupato la cicala come apprendista. La casa della formica è sequestrata dal fisco perchè non ha soldi per pagare le tasse e le multe.
La formica lascia il paese e si trasferisce in Liechtenstein.
[…]
L’ex-casa della formica, divenuta alloggio sociale per la cicala comincia a deteriorarsi nel disinteresse della cicala e del Governo.
[…]
Intanto la cicala muore di overdose (!!!!!) mentre la stampa evidenzia ancora più quanto sia urgente occuparsi delle ineguaglianze sociali: la casa è ora occupata da ragni immigrati.

Il Governo si felicita delle diversità multiculturali del paese così aperto e socialmente evoluto.
I ragni organizzano: un traffico d’eroina, una gang di ladri, un traffico di mantidi prostitute e terrorizzano la comunità.

Lega Nord – Liga Veneto
Geniale.
Semplicemente geniale.

Accompagna il tutto la lettura di: Good Life di Jay McInerney

Gli squillini a casa – II Parte (ovvero come rischiare la galera)

Posted by admin | Brodo | martedì 12 Dicembre 2006 11:41

Il problema però era di non poca rilevanza.
perchè il nostro intento non era quello di produrre uno scherzo.
Ma compiere un atto sadico.
E per compiere l’atto sadico devi godere del dolore altrui.
Non puoi immaginarlo soltanto.
Devi vederlo.
Se non vedi il dolore, non sei appagato.
Ma con il telefono come fai?

Nel gennaio del 1996 ci fu il più grande evento mediatico che io ricordi.
Nacque “Chinese Antica”.
“Chinese Antica” era una trasmissione di una rete locale del nord-est,
condotta da un Simpaticone calvo e tarchiato.
Vendeva oggetti di antiquariato cinese.
Il conduttore ci stava un sacco simpatico.
Dimostravamo il nostro affetto ordinando una dozzina di splendidi Cani di Fo per 200mila lire al pezzo
a nome di mia madre.
Ma la stronza non ritirò mai la merce.

“Chinese Antica” era il nostro appuntamento fisso del martedì e della domenica pomeriggio.

Ricordo bene quella domenica.

Me la ricordò perchè Marco Branca segnò uno splendido goal.

Quella domenica scoprimmo qualcosa di immenso.
L’epifani che aspettavamo arrivò.

“Chinese Antica” mandava le telefonate in diretta. Con tanto di squillo.
Poi il Simpaticone alzava la cornetta e rispondeva.
Squillo, risposta, conversazione.
Ma vuoi vedere che…
Cominciammo a fare qualche squillo di prova.
“Driiiiiinnnn”
“Driiiinnnnnn”
Lo studio di “Chinese Antica” rimbombava di squilli telefonici.
All’inizio la redazione della trasmissione era impazzita per tutti questi squilli,
tanto che alzò sensibilmente il volume dei telefoni interni
per far capire al proprio pubblico che.. “hey qui piovono le ordinazioni”

Dopo 4 ore di trasmissione il conduttore era alla frutta.
Ma è stato bravo,
è riuscito a portare a termine il programma nonostante
il suono del telefono non si interrompesse mai.
Anzi ogni tanto si lanciava in un: “Signori miei oggi le linee sono bollenti!!!

Il giorno dopo in facoltà raccontammo a tutti della nostra piccola guerra mediatica.
Viral Marketing consumato nei corridoii della facoltà.
Potentissimo.
Il martedì dopo, all’ennesima puntata di “Chinese Antica”,
eravamo in non meno di 15 persone a squillare in studio.

Ma il Simpaticone, stavolta visibilmente innervosito, riuscì a resistere.

La domenica dopo tentò di andare in onda ancora.
Appena gli passarono la parola per presentare un indecoroso vaso Ming, cominciammo la nostra opera.
Eravamo 12 nuclei famigliari diversi a squillare.
Perfettamente sincronizzati.
Ci passavamo il Sirio a turno per non stancare troppo il nostro indice sul tasto Repeat.
Panico.
Ormai la voce del conduttore non si distingueva più dallo squillo telefonico.
Si arrese.
E pronunciò la seguente frase:

“Ci scusiamo ma per un problema tecnico non dipendente dalla nostra volontà dobbiamo
interrompere la trasmissione”

Avevamo vinto.
Lasciarono il cartello in sovraimpressione “Ci scusiamo per l’interruzione“,
carattere bianco su sfondo nero.
Forse fu l’unica volta che diedi un minimo di senso alla facoltà in cui mi ero iscritto.

La domenica di due settimane dopo “Chinese Antica”
andò di nuovo in onda.
Il Simpaticone prese in mano il microfono:

“Hey tu amico di Pordenone, tu che sei il mio concorrente.
Io ti conosco. So chi sei.
Per il momento hai vinto perchè questa trasmissione ha chiuso
e questa è l’ultima puntata.
Ma sappi che i carabinieri sono sulle tue tracce.
E se non ti prendono loro, ci penso io a mandarti in ortopedia”

Fu un trionfo.
Quella fu l’ultima volta che “Chinese Antica” andò in onda.
A volte ci ripenso con enorme vergogna.
Il Simpaticone era convinto che fosse un tentativo di sabotaggio della concorrenza.
Invece eravamo noi.
Spiace. Tanto.
Magari se lascio una traccia in internet e ci infilo delle scuse.
Lui mi perdona.
Hey, non sto scherzando. Mi spiace sul serio.
E gli chiedo scusa.

Già che ci sono, volevo scrivere che mi spiace anche per quella volta che al mago con le sei dita di Tele Alto Veneto ho raccontato che mia figlia
ha ricevuto un Pentacolo Demoniaco di nascosto da mia madre. Gli ho chiesto
che cosa potevo fare e il mago con le sei dita
mi ha risposto: “Tua madre vuole avvicinare tua figlia a satana. Tua madre ha bisogno di un esorcismo”.
Il mago con le sei dita la sapeva lunga.

Quest’anno festeggio il decennale dello squillino.
Ho appena chiamato a casa per avvisare i miei.

Musica il post la sonorità complessa dei September10th

Gli squillini a casa – I Parte (forse…)

Posted by admin | Brodo | lunedì 11 Dicembre 2006 09:13

Da quando ho cominciato a scrivere, da aprile più o meno,
la domanda più ricorrente che mi sono sentito fare è questa:
“Ma tu chiami davvero a casa, di notte, facendo lo squillo per svegliare i tuoi?”
La risposta è: sì.
Ora avete due chance.

Potete interrompere la lettura e accontentarvi
di aver sedato la vostra morbosa curiosità biografica.

Oppure continuare a leggere un lungo post
dove racconto la genesi dello squillino.

Bene, avete scelto di annoiarvi.
Cominciamo.

Tanti anni fa ero stronzo.
Forse molto più stronzo di quanto lo sono ora.
La differenza è che ora sono uno stronzo da divano,
rincoglionito e solo.
Anni fa ero uno stronzo sveglio e agivo in branco.

Il prima anno di università
ci ho messo 5 giorni per capire che facoltà idiota avevo scelto,
ma ero troppo pigro per cambiarla.
E da buon mammifero ho preferito adattarmi al clima.
Approccio Comportamentista, stimolo-risposta.
Se mi insegni stronzate, produco stronzate.
Il problema è che non ho mai smesso, nemmeno dopo essermi laureato.

Se mi insegni “il Medium è messaggio“.
Io ti prendo alla lettera.

Il primo anno di università
nessuno, se non qualche ricco figlio di feudatari,
aveva il telefonino.
Il vero oggetto di culto era il telefono fisso.
Il più gettonato il Sirio Rosso.
Design Giugiaro.

Inventammo subito usi molesti del telefono fisso.
Ma odiavamo i classici scherzi.
Lo scherzo telefonico è tipico del telefono con la rondella.
Mal si addice al Sirio Rosso.

All’epoca eravamo in totale dipendenza da Numeri Verdi.

Controllavamo al supermercato i numeri verdi dei prodotti principali.
Io ero fissato col Breeze, il deodorante.
Chiamavo il numero verde della Breeze denunciando un fortissimo eritema
sotto le ascelle.
Risultato? Pacco da 4 Breeze multicolore in omaggio recapitati a casa.
Con la Barilla mi sono inventato una storia di vermi.
Mi hanno addirittura regalato un piatto di ceramica.
Forse rincoglionita dal sole, nell’agosto del 1995, la Gilette mi ha mandato un pacchetto di lamette
per il costosissimo Mach3 scusandosi per il “difetto di fabbricazione”.

Era l’alba del Customer Care. All’epoca funzionava con fin troppa solerzia.

I numeri verdi cominciarono subito ad annoiarci.

Era tempo di evolversi.

Scoprimmo in poco tempo la magia dello “squillino”.
Si componeva il numero di un amico.
Si faceva trillare l’altro capo del telefono e prima di farsi beccare lo scatto alla risposta
si metteva giù.
Niente di che, vero?
No, niente di che.
Fino a quando non cominciammo a farlo 130 volte in un giorno a uno stesso numero.
La nostra vittima principale era Michele, uno sfigato di Foggia.

Il giorno dopo lo si pescava sempre in mensa:
“Heilà Michele come va?”
“Eh inzomma…”
“Che hai?”
“E nun zo, stanotte non ho dormito perchè il telefono sembrava imbazzido
sguillava sempre”

Michele era una preda troppo facile. Ce ne siamo accorti subito.

Provammo a cercare qualche vip sull’elenco telefonico.
Non abbiamo fatto dormire Gianni Decleva per una settimana.
Uno che commentava il basket prima di quel pirla di Lauro.
Poi fu la volta di una famosa attrice di teatro
e di un giornalista del Piccolo.

Il problema però era di non poca rilevanza.
perchè il nostro intento non era quello di produrre uno scherzo.
Ma compiere un atto sadico.
E per compiere l’atto sadico devi godere del dolore altrui.
Non puoi immaginarlo soltanto.
Devi vederlo.
Se non vedi il dolore, non sei appagato.
Ma con il telefono come fai?

(…continua, anzi dipende dal feedback che ricevo)

musica lo squillino qualsiasi pezzo dei Kraftwerk

Gli orrori della guerra

Posted by admin | Brodo | giovedì 7 Dicembre 2006 17:48

Anni fa si combatteva una guerra attorno a me.
E io non mi sono accorto di nulla.

Anni fa attraversavo un macabro periodo di suppo-cinefilia.

Uno di quei periodi in cui “oh, hai visto Fargo? E’ stupendo”.
Uno di quei periodi in cui “mhhh…I Ponti di Madison County non mi ha convinto molto”.
Fortunatamente mi sono ripreso in fretta.
Ho colto il momento della redenzione quando rivedendo I Ponti mi è scappata la mia prima lacrima cinematografica.
Fu una liberazione.

Quando ero Suppo-Cinefilo.
Distribuivo per i locali triestini una free-press sulla programmazione dei cinema a Trieste.
Bar, ristoranti, negozi ad alta frequentazione e i neonati, terribili DISCO BAR.
Quelli che avrebbero fatto la fortuna dei recensori di 2night, per capirci.

Un giorno entro col mio malloppo in un DISCO BAR.
Sorrido.
Simulando sincerità.
Sorrido.

La locandiera del DISCO BAR mi punta subito arcigna.
Fa un gesto con gli occhi al locandiere.
Si avvicinano veloci entrambi.
Ansia.
Il locandiere è incazzato nero:
“Cossa xé?”
(Di che cosa si tratta?)
E mi strappa di mano il malloppo.
Comincia a sfogliare ma non capisce.
Urgono gli occhiali.
Il gufo con gli occhiali ora traduce la parola scritta e la interpreta a suo modo.
“Xé una roba de film…ben”
(E’ una cosa nell’area semantica “film”, bene)
E poi si produce nel capolavoro:
“Credevo fossi roba de pièrre, che coi tempi che cori
durante sta guera de le discoteche….”
(Credevo fosse qualcosa inerente ai pierre, perchè con i tempi che corrono
durante questa GUERRA DELLE DISCOTECHE).

Guerra delle discoteche.
Ero a Trieste.
Non a Rimini
Né a Riccione.
La guerra delle discoteche mi provoca un trip da trincea.
Contrabbando di drink card.
Sciacallaggio di free exit.
Deportazione di deejays
Addio alle armi di Roger Sanchez.
Love Generation di Remarque.

Il locandiere si ferma nei dettagli.
La guerra è cruenta e miete vittime anche tra i civili.
Mi racconta di un suo ex cliente,
diventato ex perchè disertore e passato in breve nelle fila del nemico.
La guerra è sempre una gran brutta storia.

Il locandiere diventò in breve tempo una mia personalissima icona.
E quando scoppiò l’11 settembre il mio primo commento, giuro, fu:

“Xè la guerra de le discoteche”.

Tutto questo fino a ieri sera.

Finiamo una cena di pesce che non riesco a digerire.
Desidero un pampero e cola.
Convinco gli amici a fare un tour al Viale39.
Uno dei templi della decadenza locale.
Il panorama è dei peggiori.
Decidiamo di non entrare.

Il pr del locale però non perdona.
Si avvicina.
E comincia a molestarmi.
Parla un mix di triestino e romano.
Mi racconta che lui lavora 24ore su 24.
Che la vita del pr è dura.
Che c’è tanta concorrenza.
Che è una continua lotta.
Allora lo imbecco:

“Eh cosa vuoi…è la guerra delle discoteche”
“Puoi dirlo forte, è un massacro”
“Già, un genocidio…”

Me ne sto per andare soddisfatto.
Senza sapere che il meglio doveva ancora venire.

Il pr mi ferma.
Mi tiene per il braccio.
“Guarda che la settimana prossima non puoi mancare”
“Ah sì? E cosa c’è”
“Eh….vuoi sapere troppo, ti dico solo che è una figata”
“Dai cazzo dimmi che vengo sicuro” (sottotitolo: credeghe)
“La settimana prossima c’è una dj donna”
“Ma dai?”
“Sì e pensa che a un certo punto…mentre mette su dischi….”
“…rimane in topless?”
“…MACCHE’!!! SI TOGLIE ANCHE QUELLO!!!”
cioè si scarnifica?
“NO NO, SI TOGLIE ANCHE IL TOPLESS”

Accompagna il disagio, l’intimo disagio: la chitarra di Enrico Berto

Ricerca Diario Aperto

Posted by admin | Brodo | mercoledì 6 Dicembre 2006 18:44

Post di servizio. Prometto che fra poco torno a narrare.
Ma questa la devo segnalare.

In collaborazione con SWG, Punto Informatico e Splinder
è partito Diario Aperto, una ricerca sul mondo dei blogger.
Cosa c’entro io?
Sono uno dei promotori e degli organizzatori.
In splendida compagnia peraltro, visto che affianco Morbin
Quindi, fidatevi e partecipate 🙂

Leggetevi il piano della ricerca perchè è molto interessante.
Ovviamente sono già partite le polemiche: “ah ma questa è la solita markettata,
ah ma qui vi fate i soldi alle spalle dei blogger”.

Ovviamente quello del pregiudizio è un vizio italiano,
ma soprattutto un vizio di questa blogosfera così provinciale
e immatura in alcune sue espressioni.

Se parteciperete, vi ringrazierò tantissimo.
Se non parteciperate, vi bacerò lo stesso.

IULM

Posted by admin | Brodo | domenica 3 Dicembre 2006 15:16

L’anno scorso allo Iulm trionfava il modello Lecciso.
Leccisismo.
Gonna corta plissetata.
Calza color carne.
Stivale alto, molto alto, nero.

Quest’anno non lo so.
Sono incerto tra un saratommasismo (ritorno a un minimal di stampo bocconiano)
oppure il sempreverde simonaventurismo.
Domani verifico.
Gli studenti sono la miglior cartina tornasole.
Consapevoli o inconsapevoli che siano, dal loro stile
riflettono sempre quello che è il modello estetico televisivo-mediatico dominante.
Da un anno a questa parte ho scoperto che il modello di riferimento non è solo televisivo.
Anche Internet detta legge. In particolare MySpace.
Il ragazzo o la ragazza MySpace li riconoscerei anche a occhi chiusi.
E le università pullulano di Ragazzi MySpace.

Lo Iulm non lo so.

Domani comincio lezione alle nove.
Il titolo dell’intervento è “Dal Contenitore al Contenuto, dall’Utente alla Persona”.
La solita noia.
Parto ora.
Come al solito, preparerò la lezione in treno. Porta bene.

Mi fanno compagnia mentre preparo la valigia i Justice

Quiz

Posted by admin | Brodo | venerdì 1 Dicembre 2006 11:02

Ho scritto uno splendido post.
Davvero.
Ma non lo pubblico.
Mi sono accorto che coinvolge pesantemente terzi.
A loro insaputa.
E lascio perdere. Tutto ciò che scarto dal blog va a finire su carta.
Prima o poi, qualcosa vedrà la luce.

Per rimediare e scusarmi
lancio un quiz.

Ho appena acquistato una “cosa” tremendamente cool.
Il “must have” definitivo.
Per il momento non dico altro.
Potrebbe appartenere a qualsiasi categoria merceologica.
Potrei aver fatto l’acquisto sia online che offline.
Stop.
Avete 48h di tempo per indovinare di cosa si tratta lasciando un commento.
A chi indovina andrà in palio un libro a mia scelta dalla mia biblioteca personale.
Che spedirò a casa del vincitore/della vincitora.
Ah, non è stronzata. E’ un quiz a tutti gli effetti.

Ogni dieci commenti errati, quindi ogni dieci risposte sbagliate,
posterò un indizio.

La sigla del rischiatutto dà il via alla competizione