Apro gli occhi alle 8.
La sveglia del sabato mattina
me la dà un albatross che passeggia
sopra il mio lucernaio.
Ha fatto il nido accanto alla parabola di Sky.
Sono contento che i cuccioli crescano
col sottofondo dei mondiali di freccette, su Eurosport2
Cambio canale e mi sintonizzo
trepidante sul mio cult del momento:
“Loggione“, Canale5.
Va in onda “una furtiva lagrima”,
Pavarotti Version, un incubo per qualsiasi melomane.
Confrontate voi stessi:
Luciano Pavarotti
Qui invece lo stesso pezzo ma con la voce di Tito Schipa:
Tito Schipa
Controllo la posta:
– ci trovo un’intervista a olivier busquet
– un invito a un freeroll settimanale
– una mail che porta come oggetto “In bocca al lupo per lo IULM“La mail è lunghissima.
Una sorta di saga.
E’ una lettera stupenda.
Nelle ultime righe, l’autrice mi dà il consenso a pubblicarla
a patto che io cambi qualsiasi riferimento che possa ricondurre
anche lontanamente a lei.
“Caro EdTv,
questa mail te la scrivo pochi giorni prima
dell’inizio del tuo insegnamento a Milano
(IULM, 20 ottobre n.d.r.).
Gli scopi sono due, il primo è quello
di augurarti ogni bene, il secondo è quello di
raccontarti una storia. La cui morale è l’invidia.
Purissima invidia.
Mi chiamo Victoria Coren.
Ero e sono una precaria.
E tra i precari sono nel girone peggiore,
quello dei precari che “lavorano” all’interno dell’università.
Dopo la laurea ho passato due anni della mia vita
come assistente. Ora si chiamano “cultori della materia”.
Insegnavo “Comportamento e Patologia del seminarista arrapato“.
Il mio sogno era quello di dedicarmi totalmente,
alla ricerca, all’attività di formazione.
Studiare, ricercare, insegnare.
Ma niente, non uno sbocco, non un dottorato,
nulla di nulla. Ogni tanto qualche concorso di materie affini,
tipo “Teorie e Tecniche della copula in segrestia” o
“Scienze Marginali”. Ma non mi interessavano.
Andavo avanti così, galleggiando.
In attesa del mio momento.
Estate di due anni fa.
Lì comincia tutto.
Sono al mare con Fante.
Mi ospita a casa sua.
Io non ho una lira in tasca.
Fante è il mio migliore amico che un giorno
ho deciso di etichettare alla voce “fidanzato”.
Non passerà molto tempo che lui si riprenderà il vecchio status.
Squilla il telefono.
Metà agosto.
“Victoria?”
“Sì?”
“Sono Marcel Jambon”
“Ah, professore! Come va?”
“Bene bene, ho una notiza meravigliosa da darti”
“Vada, tanto sono distesa sul lettino”
“Ti chiamo per conto del Professor Little Blood, lo conosci vero?”
“Certo, è il titolare di “Prevenzione degli stupri in confessionale””
“Bene, Little Blood sarebbe molto contento di averti nel dottorato di febbraio,
pare ci sia un posto tutto per te”
“Scherza?”
“No, no. Mi ha chiamato lui stesso chiedendomi di te.
E’ da molto che ne parlavo con lui. E alla fine sei stata premiata”
Non stavo più nella pelle.
Avessi avuto i libri con me,
mi sarei messa immediatamente a studiare.
Quel dottorato è mio.
Capisci? Mio.
Quando ti chiamano e ti dicono così, nell’università italiana,
significa che ti vogliono con loro.
Che il dottorato è solo una formalità.
Che dopo due anni di fame,
sarei stata pagata, no dico “pagata”
per studiare e per fare ricerca.
Il mio sogno.
[CONTINUA]