L’ultima occasione è stata nel 1983.
Se tutto fosse andato come doveva andare,
ora la nostra lingua ufficiale sarebbe il tedesco.
Zico nel 1983 era soprannominato “El Galinho de Quintino”.
Quintino, quartiere di Rio.
Forse era il giocatore più forte del mondo in quel preciso momento.
Doveva arrivare a Udine.
Da Rio.
A Udine.
Nel 1980 il Calcio italiano riaprì le frontiere ai giocatori stranieri.
E fu un assalto. E Zico doveva arrivare a Udine, ma Sordillo non voleva.
Sordillo era il presidente della FIGC all’epoca del mondiale ’82.
Odiato da quell’Italia, forse perché rifiutò durante la spedizione
di affiancare Nils Liedholm a Bearzot, quando i giornalisti lo supplicarono.
Sordillo aveva un po’ le palle girate per questa invasione di stranieri.
E cominciò a frenare la trattativa per Zico.
Intanto a Udine cresceva la tensione.
Il presidente dell’Udinese, Mazza, fece scudo comune con la Roma
che all’epoca stava aspettando l’arrivo di Tonino Cerezo.
Zico non arrivava.
Ci si mise pure Luciano Lama.
Che a capo della CGIL si oppose al trasferimento.
Mazza era il presidente di Zanussi.
Zanussi aveva centinaia di operai in cassa integrazione.
Zico si apprestava a essere uno dei giocatori più pagati in Italia.
Ma è il Calcio.
Il Calcio è Amorale.
Non Immorale.
Ma Zico non arrivava.
Il ’77 era passato da poco.
E il pavé delle città odorava ancora di Clarks gommate.
La gente, a differenza di ora, si ricordava ancora come si fa a scendere in piazza.
Udine scese in piazza.
Udine voleva Zico.
Alla testa del corteo
lo striscione più bello
splendido e geniale
della storia del calcio.
Altro che le stronzate di Cristiano Militello.
Lo striscione parlava chiaro.
Zico non era calcio.
Zico era una pura questione politico-sociale.
“O ZICO O AUSTRIA”
Purtroppo Zico arrivò.
Quindi niente Austria.
E io cominciai a pensare seriamente
che festeggiare il compleanno dell’imperatore
a Giassico non era poi una così brutta idea.
A breve il mio reportage.
Questo post è dedicato a David Peace